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Il flauto magico

Emanuel Schikaneder

Editore: Adelphi
Collana: Piccola Biblioteca Adelphi, 826
ISBN: 9788845940613
Pagine: 274 (12 immagini a colori e in bianco e nero)
Uscita: 2025
Prezzo: € 16,00

Nella nuova edizione Adelphi dedicata al Flauto magico, il lettore si trova davanti non soltanto a un libretto celebre, ma a un piccolo atlante simbolico, un testo che continua a vibrare anche fuori dal teatro. L’impianto del volume, con il testo tedesco e la traduzione italiana a fronte di Gian Piero Bona, mette in risalto la natura cangiante dell’opera: un Singspiel che alterna parola quotidiana e visioni mitiche, burla e solennità, leggerezza fiabesca e aspirazione morale. In questa oscillazione Schikaneder sembra sentirsi a casa: la sua scrittura passa con disinvoltura dalla maschera popolare all’immagine iniziatica, dal gioco scenico alla costruzione di un percorso rituale che risuona nel lettore come nella musica mozartiana.

La prefazione di Pietro Citati e il saggio di Jurgis Baltrušaitis offrono due ingressi diversi, e complementari, in questo mondo. Citati mette l’accento sulla duplicità del racconto: la fiaba come via d’accesso a qualcosa di più remoto, quasi un “mito domestico”, governato da un continuo attraversamento di ombra e luce. Baltrušaitis, da parte sua, apre lo sguardo agli immaginari dell’Egitto e delle religioni misteriche, mostrando quanto il libretto appartenga a un clima culturale che amava il travestimento archeologico e il linguaggio dei simboli. Gli apparati critici non pretendono di sostituirsi agli studi musicologici specialistici, ma creano una cornice che restituisce al lettore l’atmosfera dell’epoca e la natura “ibrida” dell’opera.

L’edizione è curata con attenzione: la resa tipografica, le immagini, la scelta di presentare il libretto come un’opera letteraria vera e propria contribuiscono a rivelare una qualità spesso trascurata, cioè la forza narrativa del testo. Nel Flauto magico il tono popolare di Papageno convive con l’austerità dei sacerdoti, e il racconto procede come un duetto continuo tra la dimensione comica e quella iniziatica. È proprio questa doppia anima a emergere con chiarezza nella pagina: leggendo, si avverte come Mozart abbia potuto trasformare il libretto in una partitura che vive della stessa duplicità — incanto infantile e saggezza solenne — senza che un elemento soffochi l’altro.

Il volumetto Adelphi, della collana Piccola Biblioteca Adelphi, permette quindi di osservare da vicino la struttura drammaturgica, le scelte linguistiche, gli equilibri tra parlato e cantato, e invita a riscoprire il libretto non come una semplice “base” dell’opera, ma come un testo autonomo, capace di generare letture sempre diverse. Per chi conosce il Flauto magico soprattutto attraverso la musica, questo libro offre l’occasione di riascoltarlo interiormente, parola per parola, e di percepire meglio l’incredibile precisione con cui Mozart si è innestato nella tessitura verbale pensata da Schikaneder.

Emanuel Schikaneder appartiene a quella categoria di uomini di teatro che nel Settecento tedesco tenevano insieme ruoli oggi distinti: attore, cantante, capocomico, impresario, librettista. Per capire fino in fondo il Flauto magico (Die Zauberflöte) conviene ricordare questa sua natura mobile, perché gran parte dell’energia dell’opera — e dei suoi contrasti — nasce proprio dal suo modo di fare teatro: una miscela di intraprendenza popolare, gusto per l’effetto scenico, abilità nell’intrattenimento e, allo stesso tempo, sincero interesse per i temi spirituali e massonici che circolavano nella Vienna dell’epoca. Il rapporto con Mozart prese forma nel clima vivacissimo del Theater auf der Wieden, il teatro che Schikaneder dirigeva e in cui il compositore trovò un ambiente meno vincolato e più fertile delle sedi ufficiali. I due frequentavano la stessa loggia massonica e condividevano una certa sensibilità per l’allegoria morale, anche se ciascuno la declinava a suo modo: Schikaneder con il gusto teatrale del trasformismo e del “meraviglioso”, Mozart con una lucidità musicale che nobilitava anche i passaggi più leggeri. Non si trattò di un rapporto esclusivo: Schikaneder collaborò anche con musicisti come Benedikt Schack, Franz Xaver Gerl e Johann Baptist Henneberg, artefici, con Mozart, dell’opera collettiva Der Stein der Weisen. Questa dinamica di gruppo, oggi poco ricordata, restituisce bene l’atmosfera del teatro viennese: una piccola comunità artistica che sperimentava insieme, scambiava idee, ricorreva a espedienti scenici complessi e si muoveva fra volontà pedagogica e intrattenimento popolare. Schikaneder era un uomo pieno di contrasti: capace di grandiose intuizioni sceniche e di gestioni economiche disastrose, visionario e instabile, creativo e spregiudicato. La sua collaborazione con Mozart, proprio per questa tensione inesauribile, risulta uno degli incontri più fecondi della storia dell’opera. Mozart seppe cogliere in quel libretto non solo la trama, ma l’occasione di dare forma musicale a un intero universo simbolico: l’ironia di Papageno, la geometria severa dei sacerdoti, lo scintillio tagliente della Regina della Notte. Lo Zauberflöte nasce da questo incrocio: un librettista che conosce intimamente il pubblico popolare e un compositore che trasforma la materia teatrale in qualcosa che supera il suo tempo. Il volume Adelphi permette di ritrovare proprio questa doppia impronta: l’artigianato teatrale di Schikaneder e la sovrana musicalità di Mozart, tenuti insieme da un equilibrio che continua a sorprendere.

Emanuel Schikaneder - Il flauto magico